LABORATORIO DELLE MACCHINE MINIME

MACCHINE MINIME

Il concetto delle Macchine Minime ha guidato e guida ancora molti dei lavori di Michele De Lucchi. Non è un concetto di una tecnica specifica ma un sistema di affrontare il progetto in chiave di possibile soluzione meccanica. Il progetto più conosciuto in questo senso è la lampada Tolomeo per Artemide. De Lucchi aveva inventato un meccanismo e lo aveva presentato su uno schizzo a Ernesto Gismondi e per parecchio tempo i suoi tecnici avevano cercato di farlo funzionare senza successo. Michele lo credeva già perso quando un giorno ricevette una telefonata con la richiesta di Gismondi “Corri subito: la tua macchina funziona!”. Era entusiasta e Michele diventava sempre più appassionato di progetti che includessero un movimento che agisse poi funzionalmente ed emozionalmente. Un esempio di macchina minima perfetta è la forbice che con un movimento molto semplice realizza una funzione precisa. In questo senso sono state sviluppate per Produzione Privata tutta una serie di lampade con particolari meccanismi che determinano insieme forma, funzione ed estetica. Sono tutte fatte per graduare e concentrare la luminosità, per modulare la luce non attraverso sistemi elettronici ma banalissimi sistemi meccanici.

La settima di queste lampade si chiama semplicemente Macchina Minima n.7 ed è una lampada a sospensione ancora in produzione, anche se in serie ridotta. È una lampada a saliscendi montata su un braccio contrappesato e fissata su un disco girevole montato su cuscinetto a sfere: la combinazione dei due movimenti dà alla lampada una grandissima mobilità e la possibilità di orientarla in qualsiasi posizione. Ne è nata una lampada da centrotavola che non sta mai al centro della tavola: è indisciplinata ma molto bella.

In quegli anni Michele ha disegnato tanti prodotti Macchine Minime come il tavolo Tecnico per Cappellini International (1987) che sempre con un semplice meccanismo si alza ed abbassa e con il piano che si mantiene sempre orizzontale. La lampafa Sigira per ClassiCon (1991) e i candelabri del laboratorio del metallo possono essere considerati vere e proprie macchine minime, dove gli elementi funzionanti determinano al contempo forma e bellezza.



Anche la piccola lampada Trefili è originata da un piccolo movimento che serve per ripiegarla e includerla in un pacchetto sottile da regalo. L’obbiettivo in questo caso non era progettare una lampada con movimento, ma mettere l’attenzione del design su una parte che non viene mai progettata: il filo. È stata una ricerca non facile trovare i fornitori disposti ad intrecciare a mano il filo a tre colori. La lampada Trefili richiama un po' i progetti di Bruno Munari al quale non interessava tanto la qualità estetica ma un’idea gentile, come in questo caso la leggera ironia di un filo elettrico fatto come fanno le trecce le bambine.

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