LABORATORIO DEL READY MADE READY MADE L’idea del Ready Made arriva diretta diretta da Duchmap e dalla avanguardia storica del Dadaismo, ma nel campo disciplinare specifico del design ricorda soprattutto certi stupendi lavori di Achille Castiglioni. A lui appartiene il design di oggetti quali il Mezzadro prodotto da Zanotta, realizzato con il sedile di ferro di un trattore, o la lampada Toio della Flos, dove il cavo corre dentro ad anellini da canna da pesca. Castiglioni prende pezzi di cose già esistenti in produzione e crea oggetti di design molto raffinati, pieni di inaspettate intuizioni e fantastiche invenzioni. In confronto gli oggetti di Michele De Lucchi sono molto più grezzi e più evidenti Ready Made. Mentre per Castiglioni questo concetto è l’occasione per introdurre nei progetti piccoli scherzi di grande classe, De Lucchi ha affrontato il problema con connotazioni più teoriche e concettuali. Ready Made è una problematica progettuale estremamente attuale da sperimentare in maniera diversa con la sensibilità di oggi, usando rifiuti, il riciclaggio, l’ecologia non provocatoriamente ma alla ricerca di nuove qualità estetiche. È la dichiarazione che oggi il design si fa senza inventare niente di nuovo ma assemblando pezzi e componenti già esistenti. Non è per far ridere come primo obbiettivo, anche se non si può non sorridere di fronte alle lampade a marionetta o a cagnolino per Artemide, quanto per mettere in evidenza un fenomeno che è pur sempre più persistente e sempre meno evidente. Per De Lucchi è anche un bisogno che nasce a seguito alla esperienza del design dei computer per Olivetti. Il design in questo settore non può più essere un progetto tradizionale di composizione formale, ma è un assemblaggio spesso indifferenziato di pezzi totalmente diversi provenienti da altre aziende produttrici in tutto il mondo. E comunque il progetto si realizza ugualmente anche quando le parti vengono solo assemblate senza essere trasformate e ne nasce un linguaggio completamente nuovo sotto l’aspetto formale e figurativo. Così sono nate la lampada Treforchette, gli Ovali, i Petali e molti altro oggetti che erano stati presentati alla mostra Crudités nell’aprile del 1997. A questa mostra aveva partecipato molto il giovane designer inglese Michael Corsar che era giunto in Italia direttamente dal Royal College of Art di Londra. Il Ready Made dei vasi bottiglia era una ricerca sulla forma comune, sulla tipicità dei contenitori anonimi e usuali: bottiglie, damigiane, fiaschi realizzati dall’industria vetraria per il mercato alimentare. La bottiglia è già un vaso, ma non è propriamente il vaso, è un contenitore che conserva e mostra, è un oggetto bello, fragile e trasparente. Tali coincidenze, assonanze, sono state il tema della riflessione sulla forma “uguale è già fatta.” Su questi vasi il riferimento alle bottiglie non è però così immediato anche perché sono usate rovesce, sono tagliate e senza fondo. È molto particolare e curato il sistema che tappa il collo della bottiglia e ne fissa la base: il lungo gambo che termina con l’anello è in realtà una vite che mette in pressione degli anelli di gomma che bloccano completamente l’uscita dell’acqua. La realizzazione di questo oggetto comporta molte difficoltà tra le quali quella di tagliare e molare la bottiglia. Attualmente la produzione è stata sospesa e la vendita si concluderà con l’esaurimento magazzino.